Dollaro statunitense
Il Dollaro statunitense, contraddistinto dalla sigla USD e rappresentato dal simbolo $, è dal 1785 la divisa ufficiale adottata dagli Stati Uniti. A partire dal 1791 la valutazione del Dollaro venne legata alla quotazione dell’oro e dell’argento. Da questo sistema denominato bimetallismo, a seguito di alcune riforme finanziarie che portarono a declassare il valore dell’argento, si giunse alla adozione formale del Gold standard che rimase in vigore, nonostante qualche evoluzione, fino al 1971.
Nel 1933, tuttavia, Roosevelt ,con un decreto, annunciò il ritiro degli USA dal sistema aureo. Questo provvedimento voleva impedire ai cittadini statunitensi di poter convertire le banconote in oro, lasciando invece questa possibilità inalterata ai Paesi stranieri. Ciò permise agli Usa di passare da sistema che faceva affidamento sull’oro come barriera al debito, all’assenza totale di rendiconti.
Nel 1944 entrano in vigore gli accordi di Bretton Woods che ancorano il valore delle valute all’oro e obbligano i vari stati a tenere dollari statunitensi di riserva. Vi era tuttavia la consapevolezza che la Federal Reserve non possedesse abbastanza oro per convertire la massa totale di dollari presenti dentro e fuori gli USA. Apparve subito evidente che Bretton Woods non costituiva un sistema di cambio sostenibile.
La crescita economica post-bellica del Giappone e della Germania, unitamente agli sprechi effettuali per la guerra in Vietnam costrinsero gli Stati Uniti a coniare un’enorme quantità di dollari che, conseguentemente, portarono alla svalutazione della divisa statunitense. A questo punto le banche centrali dei principali Paesi decisero, per mantenere in atto gli Accordi di Bretton Woods, di comprare i titoli di Stato USA in presenza di una perdita e di rivenderli in caso di una risalita. Eppure nel 1971, l’annuncio di Nixon rende noto al mondo che nemmeno i dollari stranieri potevano essere convertiti in oro e questo fa pensare alla bancarotta.
Ma nel 1974 la crisi petrolifera, che portò i Paesi dell’OPEC a ridurre la produzione di petrolio, spinse il prezzo del greggio alle stelle quadruplicandone il valore. Inevitabilmente lievitò la richiesta del Dollaro USA, moneta con cui era quotato il greggio e si formò una sorta di dialogo interessato fra gli Stati Uniti e i produttori arabi di petrolio, che investirono i petroldollari nei Treasury Bond. Si avvia in questo modo l’epoca del “dollaro forte”. Gli accordi di Plaza del 1985 e la nascita dell’Euro nel 1999 contribuirono a deprezzare il valore del Dollaro statunitense.
È importante segnalare che il Dollaro USA è utilizzato come valuta ufficiale anche da Paesi come El Salvador, Ecuador, Panama, Palau, Timor Est e gli Stati Federali di Micronesia.
Attualmente i tagli pari o inferiori ad un dollaro vengono coniati in monete, mentre le banconote, stampate dalla Federal Reserve, sono emesse per tagli pari e superiori al dollaro.
Il Dollaro statunitense, oltre a costituire una moneta di riserva, è utilizzato nei mercati internazionali come moneta standard per stabilire la quotazione dell’oro e del greggio. È necessario precisare che, rispetto a queste due importanti e preziose materie prime, il Dollaro Usa ha un rapporto inverso. All’aumento dell’oro assistiamo ad una minor quotazione del Dollaro statunitense rispetto alla altre valute, e del resto l’oro rappresenta un bene di rifugio. Se invece la divisa degli USA perde valore, un Paese, per importare la stessa quantità di petrolio dovrà corrispondere una cifra maggiore di dollari e dunque il prezzo del petrolio è costretto ad aumentare.